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   GOLA DEL BOTTACCIONE
   

La Gola del Bottaccione  |  Il Bottaccione  |  Acquedotto Medioevale  |  Eremo di S.Ambrogio     |  Le Famose Rocce   
L'Archivio della terra  |  La "Bussola" fossile per il Paleomagnetismo  |  La "Gola dell'iridio"   
La teoria dell'impatto di un meteorite con la terra  |  Gubbio e Chicxulub   

La Gola del Bottaccione


    Gubbio, da sempre, è famosa nel mondo, per la storia di San Francesco e il lupo, le Tavole di Gubbio (Eugubine), la Festa dei Ceri e il suo meraviglioso complesso urbanistico e architettonico, ma da qualche decennio lo è diventata anche per le rarità della "Gola del Bottaccione", posta a nord della città, subito dopo Porta Metauro (Porta di S. Croce), tra il Monte Foce e il Monte Ingino.

    La Gola del Bottaccione è una profonda incisione del terreno con pareti verticali tra il Monte Ingino e il Monte Foce, detto anche Monte Calvo.

 

   Deve la sua origine all'azione erosiva esercitata negli ultimi 2-3 milioni di anni dal torrente Camignano che scorre ancora oggi sul suo fondo valle.


   La Gola è limitata, a sud, dalla città di Gubbio (in particolare dall'antichissimo quartiere di S. Martino) e dalla pianura eugubina, e, a nord, dal Bottaccione.
   Nel fondovalle della gola, parallela al torrente Camignano, scorre, per un tratto, la strada statale 298, detta "Eugubina", che congiunge Gubbio a Scheggia in dodici chilometri.
 

Il Bottaccione


     "Bottaccione" significa "grande bottaccio", cioè una diga artificiale che, nonostante il nome, è abbastanza piccolo ed è stato ottenuto sbarrando il torrente Camignano, che, un tempo doveva essere un fiume dalle acque copiosissime, tanto che provocò molte inondazioni.
     Quindi "Bottaccio" significa propriamente, bacino di raccolta delle acque.
     La singolarità dell'invaso è che non si tratta di un'opera recente, cioè non è uno dei tanti laghetti collinari che si trovano nella zona, ma è una "diga medioevale", contemporaneo all'antico "acquedotto" del 1327 che pure corre lungo la Gola: due opere di grande ingegneria di cui gli eugubini vanno giustamente fieri.
    Il bacino idrico, che per anni ed anni è stato la "spiaggia" o la "piscina naturale" della città, prima della seconda guerra mondiale era di dimensioni più grandi; poi venne ridotto.
    Il laghetto che dopo anni di abbandono si era completamente interrato, è stato di recente ripristinato dalla Comunità montana dell'Alto Chiascio.

                                                        

 Acquedotto Medioevale


    A vederlo da lontano sembra un filo telegrafico, agile ed aereo.
   Esso è chiamato anche "Condotto" ed arriva nella parte alta della città dopo un percorso di circa due chilometri, addossato alla parete ovest del monte lngino, mentre sotto è visibile la strada asfaltata sul fondo della gola.
   Rappresenta il sistema di collegamento idraulico tra la diga denominata "Bottaccione" e il "Conservone" posto in prossimità del Cassero (zona fortificata posta a monte del Palazzo Ducale), permettendo anche alla parte alta della città di essere fornita di acqua corrente.
    Fu costruito nei primi decenni del 1300 ed è sicuramente un grande esempio di ingegneria idraulica.
   Il canale per far scorrere l'acqua venne realizzato, a forza di scalpello e martello, in mezzo a pietre messe poi a stretto contatto.

    Anche il "Condotto", insieme al Bottaccione viene attribuita al Gattapone, ma non si hanno riscontri documentali in merito. E' comunque un'opera ardita ed ingegnosa. Meraviglia molto come nel Medioevo abbiano potuto posare le armature tra le gole e i baratri del Monte Ingino.
  Recentemente (2017) sono stati fatti lavori atti a rendere percorribile il "Condotto", in sicurezza.

   Ponti ed archi in pietra permettono di proseguire in piano e dopo aver aggirato la montagna si può ammirare la città di Gubbio da un punto panoramico unico che mette in evidenza tulle le sue magnifiche costruzioni in pietra con il Palazzo dei Consoli in primo piano. Si giunge quindi al "Cassero" a ridosso delle mura urbiche dove termina l'acquedotto. Si risale quindi per qualche centinaio di metri per arrivare poi lungo le mura medievali alla "porla di S. Ubaldo" e da qui, scendendo verso il Duomo ed il Palazzo dei Duchi di Montefetro, arrivare a Piazza Grande e al Palazzo dei Consoli dove arrivava e arriva tuttora l'acqua del "condotto".   

                                                        

Eremo di S.Ambrogio


     La gola è stupenda e dalla parte opposta, sulle prime pendici del versante est del monte Calvo, si può ammirare l"Eremo di S. Ambrogio".
    
Il percorso che porta all'eremo è molto suggestivo perché, nel primo tratto, sul lato sinistro, si possono ammirare, per circa 50 metri le "Mura Ciclopiche" che sono l'estremo limite della cittadella preistorica e, sul lato destro, si possono godere eccezionali vedute panoramiche della Gola, con l'acquedotto medioevale e il sottostante antichissimo quartiere di S. Martino.
    L'eremo, costruito nel 1331, venne abitato da eremiti che, privi di regola, vivevano sparsi nelle città vicine. La notorietà del cenobio, delle sue regole severe, della sua particolare ubicazione quasi inaccessibile, dove dominano solitudine e silenzio, indusse anche il Beato Arcangelo Canetoli (1460 -1513) a trovarvi il suo ideale rifugio. Il suo corpo incorrotto riposa nella chiesa del monastero, insieme a quello del beato Francesco Nanni. Il 22 maggio 1760 le spoglie del Beato vennero collocate sotto il nuovo altare maggiore, realizzato in marmi pregiati e policromi, dove ancora si trova.

                                                        

Le Famose Rocce


    Le rocce del Bottaccione, comuni a gran parte di quelle dell'Italia centrale, costituiscono una sequenza stratigrafica completa che abbraccia parte dell'Era Secondaria (Giurassico, tutto il Cretaceo)  e gran parte dell'Era Terziaria. (La storia della Terra è suddivisa in lunghi cicli, chiamati "ERE". Le Ere sono quattro: [primaria, secondaria, terziaria e quaternaria]. Il Triassico, il Giurassico e il Cretaceo sono i tre periodi dell'era secondaria.)
   Un tempo questa zona, come del resto tutta l'Italia, era sommersa da un esteso oceano chiamato "Tetide". Esso, a partire da 130 milioni di anni fa, cominciò a richiudersi lasciando come tracce della sua esistenza l'attuale Mar Mediterraneo, il Mar Nero, il Mar Caspio, oltre all'enorme quantità di rocce che oggi formano le catene montuose, dal Mediterraneo all'Indocina.
   La formazione delle catene montuose, nel nostro caso dell'Appennino, ha portato alla luce tutta la serie di sedimenti che si erano formati sul fondo di quest'oceano che, nel frattempo, erano divenute rocce compatte sotto l'azione dei vari fenomeni e soprattutto della pressione.
   Le rocce del Bottaccione, che sono disposte in strati inclinati così come sono emersi, derivano dai fanghi calcarei che si sono depositati sul fondale dell'antico Tetide.
    Questi strati rispecchiano la deposizione originale, ordinata, dai più antichi ai più recenti, e possono essere considerati come le pagine di un enorme libro di pietra che possiamo sfogliare una ad una e dove non manca nessuna pagina (è questa la cosa importante e singolare che non è dato trovare altrove!).

                                                        

L'Archivio della terra


     Le rocce contengono un'alta percentuale di resti di conchiglie microscopiche, di organismi che formavano il plancton vivente in quell'oceano chiamato "Tetide". La cosiddetta "scaglia", che è chiamata bianca, rossa, variegata e cinerea a seconda del colore, è costituita da un insieme di strati più ricchi delle conchiglie suddette.
    Le diverse forme di fossili che si ritrovano nelle rocce permettono di studiare le condizioni ambientali in cui le rocce stesse si sono formate.
    Lungo la Gola è stata effettuata dagli scienziati una suddivisione stratigrafica basata sul succedersi delle varie forme di organismi microscopici presenti in esse.
   Nell'intervallo di tempo che va dai 120 milioni di anni fa ad oggi, un gruppo di microrganismi chiamati "foraminiferi" ha permesso di individuare periodi ben distinti della storia della Terra.
    Ecco perché la Gola del Bottaccione è chiamata anche "archivio della Terra"
In altre parole, i fianchi della Gola sono una fotografia al dettaglio della storia della Terra, strato per strato, dal Giurassico al Terziario.

                                                        

La "Bussola" fossile per il Paleomagnetismo


   Le rocce del Bottaccione sono importanti anche per la presenza, in esse, di minerali magnetici (aghetti di magnetite) e, pertanto, sono una vera e propria "bussola fossile".
   Studiando le rocce, ad esempio, si è potuto stabilire che, nell'intervallo di tempo che va dai 120 ai 18 milioni di anni fa, si sono verificate sulla Terra numerose inversioni del campo magnetico cioè il polo Nord ed il polo Sud si sono scambiati i ruoli.
    Vari periodi di inversione paleomagnetica sono segnalati nella Gola con delle targhette di alluminio che si possono rinvenire lungo la strada statale; esse indicano l'inizio e la fine di una zona magnetica.
    Confrontando i dati di Gubbio con quelli di altri continenti, si è potuto stabilire che l'Italia, che un tempo faceva parte del continente africano, negli ultimi 80 milioni di anni ha subito una rotazione antioraria di 50-70 gradi rispetto all'Europa continentale, raggiungendo, così, l'attuale posizione e dando origine, con tale movimento, alla catena appenninica.
    

                                                        

La "Gola dell'iridio"


   Ma la Gola del Bottaccione è diventata un sito scientifico di rilevanza mondiale dopo che, negli anni 1970, il geologo americano Walter Alvarez scoprì (con l'aiuto del padre Luis, premio Nobel per la Fisica e di altri scienziati dell'Università della Califomia a Berkeley) che un sottile strato di roccia, privo di qualsiasi forma di vita, presenta una concentrazione trenta volte superiore al normale di iridio (un metallo raro sulla terra, ma presente nello spazio).
    Ecco perché la Gola del Bottaccione è chiamata anche "Gola dell'iridio".
    

                                                        

La teoria dell'impatto di un meteorite con la terra


    Questa esagerata presenza di iridio nelle rocce del Bottaccione indusse gli Alvarez a formulare diverse ipotesi, finché, nel 1979, proposero la soluzione, la cosiddetta "Ipotesi Alvarez": un grosso meteorite di 10 km. di diametro doveva aver colpito la terra immettendo nell'atmosfera un'enorme quantità di iridio.
 
  L'impatto, avvenuto alla velocità di 40 km al secondo, provocò un'esplosione equivalente a 100 milioni di megatoni.
    Poiché un megatone corrisponde ad un milione di tonnellate di tritolo, l'esplosione fu di proporzioni enormi e sprigionò un'energia 10.000 volte superiore a tutto il materiale nucleare oggi accumulato nel mondo.

    L'impatto dovette produrre un
cratere di 150-200 km. di diametro: una catastrofe di immani dimensioni che causò la distruzione di interi ecosistemi e di tutti gli animali, terrestri e marini, superiori ai 25 kg. di peso e, tra questi, i grandi dinosauri che avevano dominato la terra per 160 milioni di anni.
   
A Gubbio non ci sono resti di dinosauri.
Ma a Gubbio c'è, dunque, l'identikit (l'iridio) del " killer" ( il meteorite) che li uccise
, cioè
a Gubbio si trova la spiegazione del mistero della loro scomparsa.

                                                        

Gubbio e Chicxulub


     Ma va aggiunto che la "Ipotesi degli Alvarez" ha trovato recentemente, nel 1991, clamorose conferme.
    Dopo tanti anni di ricerche infruttuose è stato finalmente trovato in Messico, nella penisola dello Yucatan, il cratere Chicxulub, di circa 180 km. di diametro, provocato dall'impatto del meteorite responsabile della grande estinzione di massa alla fine del Cretaceo.
   Questo cratere, nel 1992, grazie al sistema molto sofisticato "laser-argon-argon" è stato datato dagli scienziati e risale esattamente a 65 milioni di anni fa.
    Così, quella traccia di indizi che è stata trovata nel 1976 nella Gola del Bottaccione è ora finita sotto la costa della penisola dello Yucatan, nei resti sepolti di un antico cratere.

Nelle rocce della Gola del Bottaccione è chiaramente visibile lo strato di argilla che segna il limite tra Era secondaria ed Era Terziaria contenente l'alta percentuale di Iridio e datato 65 milioni di anni fa

                                                        

Mostra dei Dinosauri


 La mostra "EXTINCTION" «Prima e Dopo la Scomparsa dei Dinosauri» prende spunto dalla drammatica estinzione dei dinosauri  – dovuta alle modificazioni ambientali causate dalla caduta sulla Terra di un meteorite, come testimoniano i particolari strati geologici della Gola del Bottaccione.

Attraverso spettacolari modelli a grandezza naturale, fossili, calchi, pannelli e contenuti multimediali, la mostra racconta la Storia della Vita sulla Terra focalizzandosi sul tema delle grandi estinzioni. Ampio spazio è dato alle specie scoperte in Italia e al lavoro del paleontologo e del paleoartista per riportare in vita i dominatori di un mondo perduto, tra vecchie ossa e nuove tecnologie. Conclude il percorso una sezione sull’intramontabile fascino dei dinosauri come icone dell’immaginario collettivo e protagonisti assoluti della Pop Culture.
 

                                                        

Trofeo Luigi Fagioli - Corsa automobilistica


Ogni anno, nel mese di agosto, si svolge il "Trofeo Fagioli" corsa automobilistica in salita che attraversa la Gola del Bottaccione e arriva al valico della Madonna della Cima, verso Scheggia, con un percorso di 4 km e un dislivello di 270 metri.

                                                        

BIBLIOGRAFIA


L. Alvarez - W.Alvarez - F. Asaro - H.V. Michael: Extraterrestrial cause for the Cretaceus-Tertiary Extinction in "Science", 208, 4448, 6 giugmo 1980
F. Faramelli - D. Clementi: Chi uccise i dinosauri? Nelle rocce di Gubbio la chiave del mistero - "Edizioni Edimond" - Città di Castello 1993.
Fernanda e Dino Clementi: La Gola del Bottaccione - "Editrice Lo Scarabeo" - Gubbio 1997.