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   MINA DEL COL DI LANA
   
Centenario 1916-2016

   
   Allo scoppio della Grande Guerra, nel maggio del 1915, gli austriaci spesso abbandonarono,  per ragioni strategiche, la linea del confine con il Regno d’Italia ed arretrarono la linea del fronte su posizioni militarmente più difendibili.
   Pertanto, alla luce di questa strategia militare, inserirono subito il Col di Lana ed il collegato Monte Sief, sulla linea del fronte perché la loro posizione permetteva il controllo della strada delle dolomiti sia verso il passo Pordoi e quindi la Val di Fassa (austriaca) sia verso il passo Falzarego e Valparola rendendo possibile contribuire alla difesa del passo della Valparola (Sasso di Stria - Lagazuoi), che bloccava agli italiani l'accesso della Val Badia.
Allo scoppio della guerra, nel maggio del 1915, gli austriaci occuparono subito il Col di Lana ed il collegato monte Sief, perché la loro posizione permetteva il controllo della strada verso la Val di Fassa (austriaca) ed era possibile anche appoggiare con le armi le difese del passo della Valparola (Sasso di Stria - Lagazuoi), che bloccava agli italiani l'accesso della Val Badia. Dopo un prudentissimo avvicinamento, che costerà al generale Nava il comando dell'armata a favore del generale Di Robilant, il 5 luglio 1915 si accendeva il primo attacco alle posizioni del Lana e Sief; nonostante l'eroismo dei fanti del 45°, 59°, 52° reggimento, dei battaglioni di alpini, del 3° reggimento bersaglieri, viene intaccata e parzialmente conquistata solo la prima linea delle difese austriache sul costone di Salesei ed un cocuzzolo del costone Franza-Castello. La battaglia si spegne il 31 luglio. La calma dura poco, il 2 agosto la 18a divisione attacca le posizioni dette del panettone e del cappello di Napoleone, alla sommità dei costoni di Salesei e Agai; i nostri fanti ottengono iniziali successi, poi, a sostegno delle stremate forze austriache, intervengono i reparti dell'Alpenkorps germanico ed il 4 agosto la battaglia cessa senza alcuna significativa conquista da parte italiana. L'avvicendamento del generale Nava col generale Di Robilant e le cattive condizioni atmosferiche, bloccano fino ad ottobre ogni tentativo di avanzata.
Il 18 ottobre inizia la nuova battaglia, questa volta è tutto il fronte dalle Tofane alla Marmolada ad infiammarsi; ancora la 18° divisione rinforzata dalla 266a compagnia alpini del battaglione Val Cordevole attacca il monte Sief, mentre il tenente colonnello Garibaldi con una colonna di fanti del 59° e 52° reggimento conquista le posizioni del panettone e del cappello di Napoleone, una energica reazione avversaria costringe i nostri a rientrare alle linee di partenza. Ricevuti i rinforzi, il giorno 26 ottobre, la battaglia ricomincia. La sera del 29 tutti e 3 i costoni che portano alla cima del Col di Lana sono in mano italiana: il costone di Salesei col panettone, il costone Agai col cappello di Napoleone, il costone Castello con le posizioni dette della ridotta Lamarmora ed il fortino. Tornata la calma, l'Alpenkorps rientra al fronte francese. Sulla linea Corte, Col di Lana e monte Sief rimangono gli austriaci, protetti da trincee in roccia con reticolati larghi 8 metri e nei bunker 60 mitragliatrici e 50 pezzi d'artiglieria. Il 7 novembre, dopo una preparazione di fuoco d'artiglieria di un’ora, le truppe italiane appostate sul costone Salesei rinnovano l'assalto, ed il 60° fanteria riesce a piantare il tricolore sulla quota 2464, la cima del Col di Lana. Mentre si cerca di approntare la difesa, si scatena la reazione avversaria, e alle 22 la cima del Col di Lana è di nuovo in mano austriaca. Il diario della divisione austriaca Pustertal, quel giorno riporta:
"il giorno 7 novembre agli italiani riuscì di avere il possesso della nostra posizione sulla cima del Col diLana con un attacco di sorpresa. [...] la nostra artiglieria tenne subito sotto il fuoco più impetuoso la cima, in modo così brillante, che il battaglione Landschutzen del capitano Valentini alle 9 di sera compì con relativa facilità il suo obbligo d'onore ed ebbe in proprie mani in modo definitivo la contrastata cima."
In dicembre ci furono altri tentativi italiani di riprendere possesso della cima, risultati inutili. Alla fine del 1915 le perdite italiane ammontavano a 104 ufficiali morti, 199 feriti e 14 dispersi, 1050 soldati morti, 5100 feriti, 435 dispersi. La prima linea italiana a 2400 metri di quota rimaneva ancora 50 metri al di sotto della austriaca, ed il comando italiano decideva di affidarsi ad una nuova tattica: la guerra di mine. Il 13 gennaio 1916 iniziano i lavori di scavo di una galleria, con l'intento di far saltare la cima del Lana. Durante tutto l'inverno gli austriaci tentano colpi di mano contro le nostre linee avanzate, creando grossi problemi anche ai lavori in galleria, che dovevano rimanere segreti; tuttavia la galleria, denominata S. Andrea, prosegue speditamente ed a marzo é lunga 52 metri. Il 3 marzo vengono percepiti rumori di scavo: gli austriaci stanno lavorando ad una galleria di contromina. Inizia allora un febbrile lavoro, per entrambi gli schieramenti è prioritario arrivare primi. Il 12 aprile la galleria di mina italiana é terminata ed inizia il caricamento della gelatina esplosiva nei fornelli; contemporaneamente le truppe che dovranno prendere d'assalto la cima del Col di Lana si ammassano nelle trincee sottostanti. Il giorno 17 tutto è pronto, si attende solo l'ordine di brillamento. Per gli austriaci, che hanno captato il cessare dei lavori, inizia una drammatica attesa: l'ordine è di non abbandonare la cima, mentre tutta l'artiglieria italiana del settore Tofane-Fedaia bombarda da ore le loro posizioni. Alle ore 23,35 esplodono i 5.500 chilogrammi di gelatina della mina, provocando un cratere di metri 30x55 profondo 12. Migliaia di metri cubi di roccia vengono scagliati in aria e ricadono sulle posizioni austriache circostanti: alle ore 1 del giorno 18 aprile le truppe italiane terminano il rastrellamento delle poche caverne intatte, il presidio austriaco della cima è rimasto quasi tutto sepolto nell'esplosione, il Col di Lana è italiano. Agli austriaci rimane la vicina cima del monte Sief. La situazione non muterà più. Il 2 novembre 1917, a causa dello sfondamento del fronte a Caporetto, la 4a armata abbandonerà le posizioni così duramente conquistate per ritirarsi sul monte Grappa; il Col di Lana torna austriaco.
Paolo Antolini - See more at: file:///C:/Users/Mauro/Documents/Grande%20Guerra/Col%20di%20Lana%20&%20Salesei/Mina%20Col%20di%20Lana/Col%20di%20Lana%20-%20Col%20di%20sangue%20-%201915-1916%20-%20Storia%20e%20Memoria%20di%20Bologna.htm#sthash.IITffagD.dpuf
Allo scoppio della guerra, nel maggio del 1915, gli austriaci occuparono subito il Col di Lana ed il collegato monte Sief, perché la loro posizione permetteva il controllo della strada verso la Val di Fassa (austriaca) ed era possibile anche appoggiare con le armi le difese del passo della Valparola (Sasso di Stria - Lagazuoi), che bloccava agli italiani l'accesso della Val Badia. Dopo un prudentissimo avvicinamento, che costerà al generale Nava il comando dell'armata a favore del generale Di Robilant, il 5 luglio 1915 si accendeva il primo attacco alle posizioni del Lana e Sief; nonostante l'eroismo dei fanti del 45°, 59°, 52° reggimento, dei battaglioni di alpini, del 3° reggimento bersaglieri, viene intaccata e parzialmente conquistata solo la prima linea delle difese austriache sul costone di Salesei ed un cocuzzolo del costone Franza-Castello. La battaglia si spegne il 31 luglio. La calma dura poco, il 2 agosto la 18a divisione attacca le posizioni dette del panettone e del cappello di Napoleone, alla sommità dei costoni di Salesei e Agai; i nostri fanti ottengono iniziali successi, poi, a sostegno delle stremate forze austriache, intervengono i reparti dell'Alpenkorps germanico ed il 4 agosto la battaglia cessa senza alcuna significativa conquista da parte italiana. L'avvicendamento del generale Nava col generale Di Robilant e le cattive condizioni atmosferiche, bloccano fino ad ottobre ogni tentativo di avanzata.
Il 18 ottobre inizia la nuova battaglia, questa volta è tutto il fronte dalle Tofane alla Marmolada ad infiammarsi; ancora la 18° divisione rinforzata dalla 266a compagnia alpini del battaglione Val Cordevole attacca il monte Sief, mentre il tenente colonnello Garibaldi con una colonna di fanti del 59° e 52° reggimento conquista le posizioni del panettone e del cappello di Napoleone, una energica reazione avversaria costringe i nostri a rientrare alle linee di partenza. Ricevuti i rinforzi, il giorno 26 ottobre, la battaglia ricomincia. La sera del 29 tutti e 3 i costoni che portano alla cima del Col di Lana sono in mano italiana: il costone di Salesei col panettone, il costone Agai col cappello di Napoleone, il costone Castello con le posizioni dette della ridotta Lamarmora ed il fortino. Tornata la calma, l'Alpenkorps rientra al fronte francese. Sulla linea Corte, Col di Lana e monte Sief rimangono gli austriaci, protetti da trincee in roccia con reticolati larghi 8 metri e nei bunker 60 mitragliatrici e 50 pezzi d'artiglieria. Il 7 novembre, dopo una preparazione di fuoco d'artiglieria di un’ora, le truppe italiane appostate sul costone Salesei rinnovano l'assalto, ed il 60° fanteria riesce a piantare il tricolore sulla quota 2464, la cima del Col di Lana. Mentre si cerca di approntare la difesa, si scatena la reazione avversaria, e alle 22 la cima del Col di Lana è di nuovo in mano austriaca. Il diario della divisione austriaca Pustertal, quel giorno riporta:
"il giorno 7 novembre agli italiani riuscì di avere il possesso della nostra posizione sulla cima del Col diLana con un attacco di sorpresa. [...] la nostra artiglieria tenne subito sotto il fuoco più impetuoso la cima, in modo così brillante, che il battaglione Landschutzen del capitano Valentini alle 9 di sera compì con relativa facilità il suo obbligo d'onore ed ebbe in proprie mani in modo definitivo la contrastata cima."
In dicembre ci furono altri tentativi italiani di riprendere possesso della cima, risultati inutili. Alla fine del 1915 le perdite italiane ammontavano a 104 ufficiali morti, 199 feriti e 14 dispersi, 1050 soldati morti, 5100 feriti, 435 dispersi. La prima linea italiana a 2400 metri di quota rimaneva ancora 50 metri al di sotto della austriaca, ed il comando italiano decideva di affidarsi ad una nuova tattica: la guerra di mine. Il 13 gennaio 1916 iniziano i lavori di scavo di una galleria, con l'intento di far saltare la cima del Lana. Durante tutto l'inverno gli austriaci tentano colpi di mano contro le nostre linee avanzate, creando grossi problemi anche ai lavori in galleria, che dovevano rimanere segreti; tuttavia la galleria, denominata S. Andrea, prosegue speditamente ed a marzo é lunga 52 metri. Il 3 marzo vengono percepiti rumori di scavo: gli austriaci stanno lavorando ad una galleria di contromina. Inizia allora un febbrile lavoro, per entrambi gli schieramenti è prioritario arrivare primi. Il 12 aprile la galleria di mina italiana é terminata ed inizia il caricamento della gelatina esplosiva nei fornelli; contemporaneamente le truppe che dovranno prendere d'assalto la cima del Col di Lana si ammassano nelle trincee sottostanti. Il giorno 17 tutto è pronto, si attende solo l'ordine di brillamento. Per gli austriaci, che hanno captato il cessare dei lavori, inizia una drammatica attesa: l'ordine è di non abbandonare la cima, mentre tutta l'artiglieria italiana del settore Tofane-Fedaia bombarda da ore le loro posizioni. Alle ore 23,35 esplodono i 5.500 chilogrammi di gelatina della mina, provocando un cratere di metri 30x55 profondo 12. Migliaia di metri cubi di roccia vengono scagliati in aria e ricadono sulle posizioni austriache circostanti: alle ore 1 del giorno 18 aprile le truppe italiane terminano il rastrellamento delle poche caverne intatte, il presidio austriaco della cima è rimasto quasi tutto sepolto nell'esplosione, il Col di Lana è italiano. Agli austriaci rimane la vicina cima del monte Sief. La situazione non muterà più. Il 2 novembre 1917, a causa dello sfondamento del fronte a Caporetto, la 4a armata abbandonerà le posizioni così duramente conquistate per ritirarsi sul monte Grappa; il Col di Lana torna austriaco.
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     Dopo un prudentissimo avvicinamento, che costerà al generale Luigi Nava il comando della 4° armata a favore del generale Mario Nicolis di Robilant, il 7 luglio 1915 si accendeva il primo attacco alle posizioni del Col di Lana e Monte Sief da parte dell'esercito italiano.

    Nei giorni a seguire, nonostante l'eroismo dei fanti del 59°, 52° reggimento, dei battaglioni di alpini, del 3° reggimento bersaglieri, venne soltanto intaccata e parzialmente conquistata solo la prima linea delle difese austriache sul costone di Salesei ed un cocuzzolo (Ridotta Lamarmora) del costone di Castello che costrinse gli austriaci a "arretrarsi" di pochi metri sul cosiddetto "Fortino austriaco".
   Questi attacchi provocarono un vero e proprio massacro. Alla fine di luglio il Vallone compreso tra il costone di Salesei e quello di Agai era già diventato il "Vallone della Morte".

Sul Col di Lana 3 sono i "costoni" (rappresentati con le frecce rosse) che convergono verso la vetta. In cima ad ognuno di essi ci sono 3 caposaldi: il "Fortino austriaco", il "Cappello di Napoleone" e il "Panettone".
    Il 2 agosto la 18° divisione tenta la conquista del Panettone e del Cappello di Napoleone, alla sommità dei costoni di Salesei e Agai; i fanti italiani ottengono iniziali successi, ma poi, a sostegno delle forze austriache, intervengono i reparti dell'Alpenkorps germanico ed il 4 agosto la battaglia cessa senza alcuna significativa conquista da parte italiana. L'avvicendamento del generale Nava col generale Di Robilant (25 settembre) e le cattive condizioni atmosferiche, bloccano fino ad ottobre ogni tentativo di avanzata.

    Il 18 ottobre (1915) inizia una nuova battaglia. Questa volta è tutto il fronte, dalle Tofane alla Marmolada, ad infiammarsi; ancora la 18° divisione rinforzata dalla 266° compagnia alpini del battaglione Val Cordevole attacca il monte Sief, mentre il tenente colonnello Peppino Garibaldi (figlio di Ricciotti e quindi nipote di Giuseppe Garibaldi) con una colonna di fanti del 59° e 52° reggimento tenta la conquista del Panettone e del Cappello di Napoleone, ma una energica reazione avversaria costringe i nostri a rientrare alle linee di partenza.
    Ricevuti i rinforzi,  la battaglia ricomincia. La sera del 29 ottobre tutti e 3 i costoni che portano alla cima del Col di Lana sono in mano italiana: il costone di Castello con il "Fortino Austriaco" è stato il primo ad essere conquistato (22 ottobre), il costone di Agai col "Cappello di Napoleone" il secondo (26 ottobre) e dall'alto di questa posizione è stato possibile conquistare anche il costone di Salesei col "Panettone" (29 ottobre) rimediando di fatto all'impossibilità di conquista dal basso attraverso il "Vallone della Morte".

  
   Conquistato il "Panettone" fu la volta del "villaggio austriaco" posto dietro e di cui gli italiani ne ignoravano addirittura l'esistenza. Ormai quindi quel "vallone" poteva essere percorso senza pericolo e pochi giorni dopo, in data 4 novembre, il sottotenente Gelasio Caetani (ideatore e progettista della famosa "Mina") scrisse sul suo diario: "circa un'ora prima del tramonto, Peppino e Sante Garibaldi, io e due altri ufficiali salimmo per il costone di Agai e, attraversando tranquillamente il "Vallone della Morte", che sino allora nessuno aveva potuto passare, ci recammo al "Panettone". Lì nel Vallone passammo accanto ai cadaveri dei nostri fanti; giacevano tutti con la testa rivolta in su verso il nemico. Alcuni di essi erano rimasti lì da luglio..."

   Il 7 novembre, dopo una preparazione di fuoco d'artiglieria di un’ora, le truppe italiane appostate sul costone Salesei rinnovano l'assalto, ed il 60° fanteria riesce a piantare il tricolore sulla quota 2464, la cima del Col di Lana. Mentre si cerca di approntare la difesa, si scatena la reazione avversaria, e alle 22.00 la cima del Col di Lana è di nuovo in mano austriaca. Il diario della divisione austriaca Pustertal, quel giorno riporta: "il giorno 7 novembre agli italiani riuscì di avere il possesso della nostra posizione sulla cima del Col di Lana con un attacco di sorpresa. [...] la nostra artiglieria tenne subito sotto il fuoco più impetuoso la cima, in modo così brillante, che il battaglione Landschutzen del capitano Valentini alle 9 di sera compì con relativa facilità il suo obbligo d'onore ed ebbe in proprie mani in modo definitivo la contrastata cima."

 
    In dicembre ci furono altri tentativi italiani di riprendere possesso della cima, risultati però vani.
   Alla fine del 1915 le perdite italiane ammontavano tra gli ufficiali  a 104 morti, 199 feriti e 14 dispersi; tra i Soldati: 1050 morti, 5100 feriti e 435 dispersi. Il Col di Lana cominciò a meritarsi l'appellativo di "Col di Sangue".
    La prima linea italiana era 50 metri al di sotto della austriaca, ed il comando italiano decideva di affidarsi ad una nuova tattica: la guerra di mine.
 
    A metà gennaio 1916 fu deciso lo scavo di una galleria, con l'intento di far saltare la cima del Col di Lana. La direzione fu affidata al sottotenente Gelasio Caetani, ingegnere minerario, coadiuvato dal sottotenente Rodolfo Grimaldi, dal tenente Giovanni Maggio e dal soldato Bruno Bonfioli.
   Lo scavo fu realizzato da squadre formate ciascuna da otto minatori impiegati in turni di otto ore, mentre altre squadre provvedevano alla rimozione dei materiali provenienti dallo scavo gettandole in un canalone, altre ancora formate da carpentieri mettevano in sicurezza la galleria mentre procedeva.
   La galleria sant'Andrea (questo fu il nome che le fu dato) non fu realizzata con mezzi di perforazione meccanici, bensì con picconi, cunei, scalpelli e questo per due buone ragioni di cui la prima rappresentata dalla difficoltà di trasportare i compressori fino lassù,  la seconda in quanto il loro rumore avrebbe finito per essere udito dagli austriaci che ne avrebbero tratto le naturali considerazioni.
    La galleria di mina si inoltra, risale e quindi prosegue fin sotto la trincea austriaca
 
   La galleria Sant'Andrea era lunga 52 metri dal punto di incontro delle tre gallerie d'imbocco fino alla base del "pozzo" inclinato che era di 20 metri. Dalla sommità del ramo inclinato, la galleria proseguiva per altri 7 metri alla cui estremità terminale deviava prima verso sinistra (5 m) e poi verso destra (3,5 m) assumendo una conformazione a baionetta. Per arrivare poi alle camere di mina sono stati scavati due cuniculi: il primo verso destra lungo 10 metri, l'altro verso sinistra lungo 6 metri, ciascuno con una dimensione di 80 x 100 cm. La camera di mina destra fu caricata con 30 quintali di gelatina, quella di sinistra con 20 quintali per il cui trasporto furono impegnati 300 soldati del 59° fanteria.

   La mina fu fatta saltare alle ore 23,35 del 17 aprile 1916 per ordine scritto dato al Caetani dal Maggiore Ottorino Mezzetti

    I circa 55 quintali di gelatina della mina esplodono, provocando un cratere di metri 30 x 55 e profondo 12. Migliaia di metri cubi di roccia vengono scagliati in aria e ricadono sulle posizioni circostanti non soltanto austriache: alle ore 1.00 del giorno 18 aprile le truppe italiane terminano il rastrellamento delle poche caverne intatte, il presidio austriaco della cima è rimasto quasi tutto sepolto nell'esplosione. Non si saprà mai quanti fossero esattamente i morti, quantificati solitamente in "oltre cento" in maniera molto approssimativa, inoltre 180 furono i prigionieri.
   Gravi  le perdite anche tra i militari italiani: morti 4 ufficiali, 30 fanti più 1 disperso; feriti 5 ufficiali e 141 soldati.

   Il Col di Lana era stato conquistato e sarà mantenuto, agli austriaci rimase la vicina cima del monte Sief. La situazione, nonostante lo scoppio di altre mine e numerosissimi scontri non muterà più. Il 2 novembre 1917, a causa dello sfondamento del fronte a Caporetto, la 4° armata abbandonerà le posizioni così duramente conquistate per ritirarsi sul monte Grappa; il Col di Lana torna in mano austriache, per ritornare italiano al termine della Guerra.

 Nel 1935 sul bordo del cratere creato dall scoppio della mina è stata edificata una cappella e da oltre 40 anni nella prima domenica di agosto si svolge una Messa in suffragio di tutti i caduti della Grande Guerra, senza distinzione di bandiera.
Nel 2012 una statuina di S. Ubaldo è stata collocata nella cappella costruita a Cima Lana, proprio sul bordo del cratere lasciato dallo scoppio della mina. Il motivo è semplice: S. Ubaldo nel 1985 è stato proclamato “Santo della Riconciliazione” da Papa Giovanni Paolo II, per cui la presenza di una sua immagine può, a pieno titolo, essere oggetto di culto in un luogo simbolo di Guerra perché lo stesso possa essere oggi, a distanza di tanti anni, simbolo di pace e di riconciliazione.
   L’Associazione Eugubini nel Mondo ha voluto, per l'anno 2016, essere presente alla celebrazione del centenario dello scoppio della "Mina del Col di Lana" con un’iniziativa importante: portare il fuoco del “Santo della Riconciliazione” in vetta al Col di Lana, sul luogo simbolo di Guerra che oggi, con la presenza pacifica e congiunta di militari italiani ed austriaci, diviene un simbolo di pace e di fratellanza.
   L’iniziativa è stata condivisa, sostenuta e resa possibile dalla partecipazione dell’Associazione Sportiva
“Gubbio Runners”, i cui maratoneti hanno materialmente la “Fiaccola della Riconciliazione” da Gubbio al Col di Lana con una “maratona a staffetta” percorrendo le strade di mezza Italia.
    La fiaccola accesa, con una semplice cerimonia, giovedì 4 agosto 2016 alle ore 20.00 nella Basilica di S. Ubaldo e stata portata in città per essere conservata, fino al mattino seguente, nella Chiesa della Vittorina, nell’annesso parco della Riconciliazione.
    Quindi la fiaccola ha lasciato Gubbio venerdì 5 agosto alle ore 6.40 dopo la Messa celebrata nella chiesa della Vittorina alle ore 6.00 ed è arrivata in vetta al Col di Lana domenica 7 agosto, alle ore 11.00, in occasione della cerimonia di commemorazione in ricordo e a suffragio di tutti i caduti della Grande Guerra, organizzata dal Gruppo Alpini del Col di Lana e dal Comune di Livinallongo.
    Il Vescovo di Gubbio, mons Mario Ceccobelli, presente,  ha presieduto la S.Messa insieme al cappellano militare Don Lorenzo Cottali. Presente anche una delegazione del Comune di Gubbio.

   Durante il percorso la fiaccola e i maratoneti sono stati "scortati" da un gruppo di ciclisti dell'Associazione “Ikuvium Bike Adventure” e da alcuni motociclisti. Un autobus della ditta Co.tra.pe e un’ ambulanza di Gubbio Soccorso, con relativo staff sanitario, hanno fatto parte della carovana, tutti in maniera gratuita e volontaria.


   Importante e di grande significato simbolico il fatto che l’ultimo tedoforo che ha portato la fiaccola in vetta al Col di Lana ed acceso il tripode che è restato acceso per l’intera giornata, è una discendente di un soldato eugubino morto proprio sul Col di Lana.

    Tra i nostri soldati caduti su quel fronte, in rappresentanza e a ricordo di tutti, ne abbiamo scelto uno (Menichetti David) che morì in combattimento proprio sotto la vetta del Colle: aveva 33 anni e lasciava una giovane moglie con due figli, di cui una bimba di appena un anno e mezzo.

  Ebbene, la nipote (Roberta Vantaggi) di quella bambina che a causa della guerra non conobbe mai suo padre, ha portato il fuoco della Riconciliazione in quel luogo che cento anni prima è stato intriso di sangue di tante giovani vite.

 

 


 

   La fiaccola, nel suo percorso, alle pendici del Col di Lana, ha fatto anche una breve sosta al Sacrario di Pian di Salesei , dove è stata accolta dal Sindaco di Livinallondo del Col di Lana, Leandro Grones e dai rappresentati del gruppo Alpini del Col di Lana.

Bibliografia:
- E. Anzanello - "La Mina del Col di Lana" Tipografia Ghedina, 2021

- E. Anzanello - "Aprile 1916: La Mina del Col di Lana" in Storia Militare n. 271, 2016

- R. Striffler - "Guerra di mine nelle Dolomiti, Col di Lana" - edizioni Panorama, 1997

- V. Schemfil - "1915-1917 Col di Lana" - Mursia editore 1987

- L. Viazzi - "Col di Lana Monte di Fuoco" - Mursia editore, 1985

 

Allo scoppio della guerra, nel maggio del 1915, gli austriaci occuparono subito il Col di Lana ed il collegato monte Sief, perché la loro posizione permetteva il controllo della strada verso la Val di Fassa (austriaca) ed era possibile anche appoggiare con le armi le difese del passo della Valparola (Sasso di Stria - Lagazuoi), che bloccava agli italiani l'accesso della Val Badia. Dopo un prudentissimo avvicinamento, che costerà al generale Nava il comando dell'armata a favore del generale Di Robilant, il 5 luglio 1915 si accendeva il primo attacco alle posizioni del Lana e Sief; nonostante l'eroismo dei fanti del 45°, 59°, 52° reggimento, dei battaglioni di alpini, del 3° reggimento bersaglieri, viene intaccata e parzialmente conquistata solo la prima linea delle difese austriache sul costone di Salesei ed un cocuzzolo del costone Franza-Castello. La battaglia si spegne il 31 luglio. La calma dura poco, il 2 agosto la 18a divisione attacca le posizioni dette del panettone e del cappello di Napoleone, alla sommità dei costoni di Salesei e Agai; i nostri fanti ottengono iniziali successi, poi, a sostegno delle stremate forze austriache, intervengono i reparti dell'Alpenkorps germanico ed il 4 agosto la battaglia cessa senza alcuna significativa conquista da parte italiana. L'avvicendamento del generale Nava col generale Di Robilant e le cattive condizioni atmosferiche, bloccano fino ad ottobre ogni tentativo di avanzata.
Il 18 ottobre inizia la nuova battaglia, questa volta è tutto il fronte dalle Tofane alla Marmolada ad infiammarsi; ancora la 18° divisione rinforzata dalla 266a compagnia alpini del battaglione Val Cordevole attacca il monte Sief, mentre il tenente colonnello Garibaldi con una colonna di fanti del 59° e 52° reggimento conquista le posizioni del panettone e del cappello di Napoleone, una energica reazione avversaria costringe i nostri a rientrare alle linee di partenza. Ricevuti i rinforzi, il giorno 26 ottobre, la battaglia ricomincia. La sera del 29 tutti e 3 i costoni che portano alla cima del Col di Lana sono in mano italiana: il costone di Salesei col panettone, il costone Agai col cappello di Napoleone, il costone Castello con le posizioni dette della ridotta Lamarmora ed il fortino. Tornata la calma, l'Alpenkorps rientra al fronte francese. Sulla linea Corte, Col di Lana e monte Sief rimangono gli austriaci, protetti da trincee in roccia con reticolati larghi 8 metri e nei bunker 60 mitragliatrici e 50 pezzi d'artiglieria. Il 7 novembre, dopo una preparazione di fuoco d'artiglieria di un’ora, le truppe italiane appostate sul costone Salesei rinnovano l'assalto, ed il 60° fanteria riesce a piantare il tricolore sulla quota 2464, la cima del Col di Lana. Mentre si cerca di approntare la difesa, si scatena la reazione avversaria, e alle 22 la cima del Col di Lana è di nuovo in mano austriaca. Il diario della divisione austriaca Pustertal, quel giorno riporta:
"il giorno 7 novembre agli italiani riuscì di avere il possesso della nostra posizione sulla cima del Col diLana con un attacco di sorpresa. [...] la nostra artiglieria tenne subito sotto il fuoco più impetuoso la cima, in modo così brillante, che il battaglione Landschutzen del capitano Valentini alle 9 di sera compì con relativa facilità il suo obbligo d'onore ed ebbe in proprie mani in modo definitivo la contrastata cima."
In dicembre ci furono altri tentativi italiani di riprendere possesso della cima, risultati inutili. Alla fine del 1915 le perdite italiane ammontavano a 104 ufficiali morti, 199 feriti e 14 dispersi, 1050 soldati morti, 5100 feriti, 435 dispersi. La prima linea italiana a 2400 metri di quota rimaneva ancora 50 metri al di sotto della austriaca, ed il comando italiano decideva di affidarsi ad una nuova tattica: la guerra di mine. Il 13 gennaio 1916 iniziano i lavori di scavo di una galleria, con l'intento di far saltare la cima del Lana. Durante tutto l'inverno gli austriaci tentano colpi di mano contro le nostre linee avanzate, creando grossi problemi anche ai lavori in galleria, che dovevano rimanere segreti; tuttavia la galleria, denominata S. Andrea, prosegue speditamente ed a marzo é lunga 52 metri. Il 3 marzo vengono percepiti rumori di scavo: gli austriaci stanno lavorando ad una galleria di contromina. Inizia allora un febbrile lavoro, per entrambi gli schieramenti è prioritario arrivare primi. Il 12 aprile la galleria di mina italiana é terminata ed inizia il caricamento della gelatina esplosiva nei fornelli; contemporaneamente le truppe che dovranno prendere d'assalto la cima del Col di Lana si ammassano nelle trincee sottostanti. Il giorno 17 tutto è pronto, si attende solo l'ordine di brillamento. Per gli austriaci, che hanno captato il cessare dei lavori, inizia una drammatica attesa: l'ordine è di non abbandonare la cima, mentre tutta l'artiglieria italiana del settore Tofane-Fedaia bombarda da ore le loro posizioni. Alle ore 23,35 esplodono i 5.500 chilogrammi di gelatina della mina, provocando un cratere di metri 30x55 profondo 12. Migliaia di metri cubi di roccia vengono scagliati in aria e ricadono sulle posizioni austriache circostanti: alle ore 1 del giorno 18 aprile le truppe italiane terminano il rastrellamento delle poche caverne intatte, il presidio austriaco della cima è rimasto quasi tutto sepolto nell'esplosione, il Col di Lana è italiano. Agli austriaci rimane la vicina cima del monte Sief. La situazione non muterà più. Il 2 novembre 1917, a causa dello sfondamento del fronte a Caporetto, la 4a armata abbandonerà le posizioni così duramente conquistate per ritirarsi sul monte Grappa; il Col di Lana torna austriaco.
Paolo Antolini - See more at: file:///C:/Users/Mauro/Documents/Grande%20Guerra/Col%20di%20Lana%20&%20Salesei/Mina%20Col%20di%20Lana/Col%20di%20Lana%20-%20Col%20di%20sangue%20-%201915-1916%20-%20Storia%20e%20Memoria%20di%20Bologna.htm#sthash.IITffagD.dpuf
Allo scoppio della guerra, nel maggio del 1915, gli austriaci occuparono subito il Col di Lana ed il collegato monte Sief, perché la loro posizione permetteva il controllo della strada verso la Val di Fassa (austriaca) ed era possibile anche appoggiare con le armi le difese del passo della Valparola (Sasso di Stria - Lagazuoi), che bloccava agli italiani l'accesso della Val Badia. Dopo un prudentissimo avvicinamento, che costerà al generale Nava il comando dell'armata a favore del generale Di Robilant, il 5 luglio 1915 si accendeva il primo attacco alle posizioni del Lana e Sief; nonostante l'eroismo dei fanti del 45°, 59°, 52° reggimento, dei battaglioni di alpini, del 3° reggimento bersaglieri, viene intaccata e parzialmente conquistata solo la prima linea delle difese austriache sul costone di Salesei ed un cocuzzolo del costone Franza-Castello. La battaglia si spegne il 31 luglio. La calma dura poco, il 2 agosto la 18a divisione attacca le posizioni dette del panettone e del cappello di Napoleone, alla sommità dei costoni di Salesei e Agai; i nostri fanti ottengono iniziali successi, poi, a sostegno delle stremate forze austriache, intervengono i reparti dell'Alpenkorps germanico ed il 4 agosto la battaglia cessa senza alcuna significativa conquista da parte italiana. L'avvicendamento del generale Nava col generale Di Robilant e le cattive condizioni atmosferiche, bloccano fino ad ottobre ogni tentativo di avanzata.
Il 18 ottobre inizia la nuova battaglia, questa volta è tutto il fronte dalle Tofane alla Marmolada ad infiammarsi; ancora la 18° divisione rinforzata dalla 266a compagnia alpini del battaglione Val Cordevole attacca il monte Sief, mentre il tenente colonnello Garibaldi con una colonna di fanti del 59° e 52° reggimento conquista le posizioni del panettone e del cappello di Napoleone, una energica reazione avversaria costringe i nostri a rientrare alle linee di partenza. Ricevuti i rinforzi, il giorno 26 ottobre, la battaglia ricomincia. La sera del 29 tutti e 3 i costoni che portano alla cima del Col di Lana sono in mano italiana: il costone di Salesei col panettone, il costone Agai col cappello di Napoleone, il costone Castello con le posizioni dette della ridotta Lamarmora ed il fortino. Tornata la calma, l'Alpenkorps rientra al fronte francese. Sulla linea Corte, Col di Lana e monte Sief rimangono gli austriaci, protetti da trincee in roccia con reticolati larghi 8 metri e nei bunker 60 mitragliatrici e 50 pezzi d'artiglieria. Il 7 novembre, dopo una preparazione di fuoco d'artiglieria di un’ora, le truppe italiane appostate sul costone Salesei rinnovano l'assalto, ed il 60° fanteria riesce a piantare il tricolore sulla quota 2464, la cima del Col di Lana. Mentre si cerca di approntare la difesa, si scatena la reazione avversaria, e alle 22 la cima del Col di Lana è di nuovo in mano austriaca. Il diario della divisione austriaca Pustertal, quel giorno riporta:
"il giorno 7 novembre agli italiani riuscì di avere il possesso della nostra posizione sulla cima del Col diLana con un attacco di sorpresa. [...] la nostra artiglieria tenne subito sotto il fuoco più impetuoso la cima, in modo così brillante, che il battaglione Landschutzen del capitano Valentini alle 9 di sera compì con relativa facilità il suo obbligo d'onore ed ebbe in proprie mani in modo definitivo la contrastata cima."
In dicembre ci furono altri tentativi italiani di riprendere possesso della cima, risultati inutili. Alla fine del 1915 le perdite italiane ammontavano a 104 ufficiali morti, 199 feriti e 14 dispersi, 1050 soldati morti, 5100 feriti, 435 dispersi. La prima linea italiana a 2400 metri di quota rimaneva ancora 50 metri al di sotto della austriaca, ed il comando italiano decideva di affidarsi ad una nuova tattica: la guerra di mine. Il 13 gennaio 1916 iniziano i lavori di scavo di una galleria, con l'intento di far saltare la cima del Lana. Durante tutto l'inverno gli austriaci tentano colpi di mano contro le nostre linee avanzate, creando grossi problemi anche ai lavori in galleria, che dovevano rimanere segreti; tuttavia la galleria, denominata S. Andrea, prosegue speditamente ed a marzo é lunga 52 metri. Il 3 marzo vengono percepiti rumori di scavo: gli austriaci stanno lavorando ad una galleria di contromina. Inizia allora un febbrile lavoro, per entrambi gli schieramenti è prioritario arrivare primi. Il 12 aprile la galleria di mina italiana é terminata ed inizia il caricamento della gelatina esplosiva nei fornelli; contemporaneamente le truppe che dovranno prendere d'assalto la cima del Col di Lana si ammassano nelle trincee sottostanti. Il giorno 17 tutto è pronto, si attende solo l'ordine di brillamento. Per gli austriaci, che hanno captato il cessare dei lavori, inizia una drammatica attesa: l'ordine è di non abbandonare la cima, mentre tutta l'artiglieria italiana del settore Tofane-Fedaia bombarda da ore le loro posizioni. Alle ore 23,35 esplodono i 5.500 chilogrammi di gelatina della mina, provocando un cratere di metri 30x55 profondo 12. Migliaia di metri cubi di roccia vengono scagliati in aria e ricadono sulle posizioni austriache circostanti: alle ore 1 del giorno 18 aprile le truppe italiane terminano il rastrellamento delle poche caverne intatte, il presidio austriaco della cima è rimasto quasi tutto sepolto nell'esplosione, il Col di Lana è italiano. Agli austriaci rimane la vicina cima del monte Sief. La situazione non muterà più. Il 2 novembre 1917, a causa dello sfondamento del fronte a Caporetto, la 4a armata abbandonerà le posizioni così duramente conquistate per ritirarsi sul monte Grappa; il Col di Lana torna austriaco.
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