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   GOLA DEL BOTTACCIONE
   

La Gola del Bottaccione  |  Il Bottaccione  |  Eremo di S.Ambrogio  |  Acquedotto Medioevale  |  Le Famose Rocce   
L'Archivio della terra  |  La "Bussola" fossile per il Paleomagnetismo  |  La "Gola dell'iridio"   
La teoria dell'impatto di un meteorite con la terra  |  Gubbio e Chicxulub   

 La Gola del Bottaccione


Gubbio, da sempre, è famosa nel mondo, per la storia di San Francesco e il lupo, le Tavole Eugubine, la Festa dei Ceri e il suo meraviglioso complesso urbanistico e architettonico, ma da circa venti anni lo è diventata anche per le rarità della" Gola del Bottaccione", posta a nord della città, subito dopo Porta Metauro (Porta di S. Croce), tra il Monte Foce e il Monte Ingino.
La Gola è stata definita "Scrigno del passato". In essa, infatti, sono racchiuse preziose attrattive di varia natura.
La Gola del Bottaccione è una profonda incisione del terreno con pareti verticali tra il Monte Ingino e il Monte Foce, detto anche Monte Calvo.
Deve la sua origine all'azione erosiva esercitata negli ultimi 2-3 milioni di anni dal torrente Camignano che scorre ancora oggi sul suo fondo valle.
La Gola è limitata, a sud, dalla città di Gubbio (in particolare dall'antichissimo quartiere di S. Martino) e dalla pianura eugubina, e, a nord, dal Bottaccione.
Nel fondovalle, parallela al torrente, scorre, per un tratto, la strada statale 298, detta "Eugubina", che congiunge Gubbio a Scheggia in dodici chilometri.
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 Il Bottaccione


"Bottaccione" significa "grande bottaccio", cioè una diga artificiale che, nonostante il nome, è abbastanza piccolo ed è stato ottenuto sbarrando il torrente Camignano, che, un tempo doveva essere un fiume dalle acque copiosissime, tanto che provocò molte inondazioni.
Quindi "Bottaccio" significa propriamente, bacino di raccolta delle acque.
La singolarità dell'invaso è che non si tratta di un'opera recente, cioè non è uno dei tanti laghetti collinari che si trovano nella zona, ma è una "diga medioevale", contemporaneo all'antico "acquedotto" che pure corre lungo la Gola: due opere di grande ingegneria di cui gli eugubini un tempo andavano fieri.
Il bacino idrico, che per anni ed anni è stato la "spiaggia" o la "piscina naturale" della città. Prima dell'ultima guerra era di dimensioni più grandi; poi venne ridotto.
Il laghetto che dopo anni di abbandono si era completamente interrato, è stato di recente ripristinato dalla Comunità montana dell'Alto Chiascio.
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 Eremo di S.Ambrogio


L'eremo di S.Ambrogio sorge sulle prime pendici del versante est del monte Calvo, fra balze rocciose. Il percorso che porta all'eremo è molto suggestivo perché, nel primo tratto, sul lato sinistro, si possono ammirare, per circa 50 metri le "Mura Ciclopiche" che sono l'estremo limite della cittadella preistorica e, sul lato destro, si possono godere eccezionali vedute panoramiche della Gola, con l'acquedotto medioevale e il sottostante antichissimo quartiere di S. Martino.
L'eremo, costruito nel 1331, venne abitato da eremiti che, privi di regola, vivevano sparsi nelle città vicine.
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 Acquedotto Medioevale


A vederlo da lontano sembra un filo telegrafico, agile ed aereo.
Esso arriva nella parte alta della città dopo un percorso di due chilometri.
E' davvero un'opera ardita ed ingegnosa.
Ci si meraviglia come nel Medioevo abbiano potuto posare le armature tra le gole e i baratri del Monte Ingino.
L'acquedotto faceva inorgoglire gli eugubini ancor più del Palazzo dei Consoli. Sia l'uno che l'altro vennero attribuiti al genio di Gattapone.
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 Le Famose Rocce


Le rocce del Bottaccione, comuni a gran parte di quelle dell'Italia centrale, costituiscono una sequenza stratigrafica completa che abbraccia parte del Giurassico, tutto il Cretaceo e gran parte dell'era Terziaria. (La storia della Terra è suddivisa in lunghi cicli, chiamati "ERE". Le ere sono quattro: [primaria, secondaria, terziaria e quaternaria]. Il Triassico, il Giurassico e il Cretaceo sono i tre periodi dell'era secondaria.)
Un tempo questa zona, come del resto tutta l'Italia, era sommersa da un esteso oceano chiamato "Tetide". Esso, a partire da 130 milioni di anni fa, cominciò a richiudersi lasciando come tracce della sua esistenza l'attuale Mar Mediterraneo, il Mar Nero, il Mar Caspio, oltre all'enorme quantità di rocce che oggi formano le catene montuose, dal Mediterraneo all'Indocina.
La formazione delle catene montuose, nel nostro caso dell'Appennino, ha portato alla luce tutta la serie di sedimenti che si erano formati sul fondo di quest'oceano che, nel frattempo, erano divenute rocce compatte sotto l'azione dei vari fenomeni e soprattutto della pressione.
Le rocce del Bottaccione, che sono disposte in strati inclinati così come sono emersi, derivano dai fanghi calcarei che si sono depositati sul fondale dell'antico Tetide.
Questi strati rispecchiano la deposizione originale, ordinata, dai più antichi ai più recenti, e possono essere considerati come le pagine di un enorme libro di pietra che possiamo sfogliare una ad una e dove non manca nessuna pagina (è questa la cosa importante e singolare che non è dato trovare altrove!).
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 L'Archivio della terra


Le rocce contengono un'alta percentuale di resti di conchiglie microscopiche di organismi che formavano il plancton vivente in quell'oceano. La cosiddetta "scaglia", che è chiamata bianca, rossa, variegata e cinerea a seconda del colore, è costituita da un insieme di strati più ricchi delle conchiglie suddette.
Le diverse forme di fossili che si ritrovano nelle rocce permettono di studiare le condizioni ambientali in cui le rocce stesse si sono formate.
Lungo la Gola è stata effettuata dagli scienziati una suddivisione stratigrafica basata sul succedersi delle varie forme di organismi microscopici presenti in esse.
Nell'intervallo di tempo che va dai 120 milioni di anni fa ad oggi, un gruppo di microrganismi chiamati "foraminiferi" ha permesso di individuare periodi ben distinti della storia della Terra.
Ecco perché la Gola del Bottaccione è chiamata anche "archivio della Terra"
In altre parole, i fianchi della Gola sono una fotografia al dettaglio della storia della Terra, strato per strato, dal Giurassico al Terziario.
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 La "Bussola" fossile per il Paleomagnetismo


Le rocce del Bottaccione sono importanti anche per la presenza, in esse, di minerali magnetici (aghetti di magnetite) e, pertanto, sono una vera e propria "bussola fossile".
Studiando le rocce, ad esempio, si è potuto stabilire che, nell'intervallo di tempo che va dai 120 ai 18 milioni di anni fa, si sono verificate sulla Terra numerose inversioni del campo magnetico cioè il polo Nord ed il polo Sud si sono scambiati i ruoli.
Vari periodi di inversione paleomagnetica sono segnalati nella Gola con delle targhette di alluminio che si possono rinvenire lungo la strada statale; esse indicano l'inizio e la fine di una zona magnetica.
Confrontando i dati di Gubbio con quelli di altri continenti, si è potuto stabilire che l'Italia, che un tempo faceva parte del continente africano, negli ultimi 80 milioni di anni ha subito una rotazione antioraria di 50-70 gradi rispetto all'Europa continentale, raggiungendo, così, l'attuale posizione e dando origine, con tale movimento, alla catena appenninica.
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 La "Gola dell'iridio"


Ma la Gola del Bottaccione è diventata un sito scientifico di rilevanza mondiale dopo che, negli anni 1970, il geologo americano Walter Alvarez scoprì (con l'aiuto del padre Luis, premio Nobel per la Fisica e di altri scienziati dell'Università della Califomia a Berkeley) che un sottile strato di roccia, privo di qualsiasi forma di vita, presenta una concentrazione trenta volte superiore al normale di iridio (un metallo raro sulla terra, ma presente nello spazio).
Ecco perché la Gola del Bottaccione è chiamata anche "Gola dell'iridio".
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 La teoria dell'impatto di un meteorite con la terra


Questa esagerata presenza di iridio nelle rocce del Bottaccione indusse gli Alvarez a formulare diverse ipotesi, finché, nel 1979, proposero la soluzione: un grosso meteorite di 10 km. di diametro doveva aver colpito la terra immettendo nell'atmosfera un'enorme quantità di iridio.
L'impatto, avvenuto alla velocità di 40 km. al secondo, provocò un'esplosione equivalente a 100 milioni di megatoni.
Poiché un megatone corrisponde ad un milione di tonnellate di tritolo, l'esplosione fu di proporzioni enormi e sprigionò un'energia 10.000 volte superiore a tutto il materiale nucleare oggi accumulato nel mondo.
L'impatto dovette produrre un cratere di 150-200 km. di diametro: una catastrofe di immani dimensioni che causò la distruzione di interi ecosistemi e di tutti gli animali, terrestri e marini, superiori ai 25 kg. di peso e, tra questi, i grandi dinosauri che avevano dominato la terra per 160 milioni di anni.
A Gubbio non ci sono resti di dinosauri, ma a Gubbio c'è, dunque, l'identikit (l'iridio) del " killer" ( il meteorite) che li uccise, cioè qui troviamo la spiegazione del mistero della loro scomparsa.
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 Gubbio e Chicxulub


Ma va aggiunto che la teoria degli Alvarez ha trovato recentemente, nel 1991, clamorose conferme.
Dopo tanti anni di ricerche infruttuose è stato finalmente trovato in Messico, nella penisola dello Yucatan, il cratere Chicxulub, di circa 180 km. di diametro, provocato dall'impatto del meteorite responsabile della grande estinzione di massa alla fine del Cretaceo.
Questo cratere, nel 1992, grazie al sistema molto sofisticato "laser-argon-argon" è stato datato dagli scienziati e risale esattamente a 65 milioni di anni fa.
Così, quella traccia di indizi che è stata trovata nel 1976 nella Gola del Bottaccione è ora finita sotto la costa della penisola dello Yucatan, nei resti sepolti di un antico cratere.
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BIBLIOGRAFIA

FARAMELLI F. - CLEMENTI D.
Chi uccise i dinosauri? Nelle rocce di Gubbio la chiave del mistero - "Edizioni Edimond" - Città di Castello 1993.
FERNANDA E DINO CLEMENTI.
La Gola del Bottaccione - "Editrice Lo Scarabeo" - Gubbio 1997.