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   GIUSEPPE CALZUOLA
  

 Biografia


   Giuseppe Calzuola, nasce a Gubbio il 17 ottobre 1932.
  Giovanissimo, come succedeva durante il periodo del Rinascimento italiano, entra nella bottega dell'artigiano Luigi Faramelli, dove apprende l'arte di Marmista e di Scalpellino.
   Quando fu sicuro di aver appreso l'Arte, prende il posto del suo maestro, rilevandone la bottega di via Saffi n° 3.
   Verso i 40 anni, inizia a produrre sculture in pietra e nel 1984 realizza la sua prima mostra personale nella "Casa di S.Ubaldo".
   Numerose altre mostre vengono allestite negli anni seguenti (1985, 1988). Nel 1992 una sua personale viene realizzata nel Palazzo dei Priori di Perugia.
  
Nel 1988 è Primo Capitano dei Ceri.
   Per "Peppe" questa fu un'esperienza incredibile, totale e sconvolgente. A lui, eugubino, figlio devoto di S. Ubaldo, era toccato l'onore di essere Primo Capitano della Festa dei Ceri: "dal giorno che sono stato eletto Capitano, ho dovuto aspettare ben due anni, come vuole la tradizione, e sono stati cento miliardi di anni..., ma due anni, i più belli, i più intensi di una persona che ha avuto dalla sorte il più grande privilegio"
   Ma il 15 maggio 1988 è arrivato! Peppe aveva detto: "Quel giorno gli eugubini non mi vedranno, perché sarò dentro ognuno di loro. Ma ho tanta paura, solo a pensarci…aiutatemi tutti". Per chi l'ha conosciuto, un tale linguaggio è consueto!

    La sua arte, sta tutta nel suo rapporto con la pietra: "dicono che la pietra sia ruvida, dura e fredda. Non ci hanno capito niente: la pietra al contrario è caldissima, basta saper togliere la crosta, la parte superficiale che non serve. Il resto è tutto dentro…allora la pietra diventa viva e piena di significato".

Lascia un patrimonio di circa 250 opere, di cui, alcune in mostra permanente presso il
museo del Duomo
Questa scultura "Peppe" la donò al "Vescovo Antonelli" e  alla quale il cardinale è particolarmente affezionato e che sintetizza storia, valori umani e cristiani della terra di sant’Ubaldo: palazzo dei Consoli e Campanone dominati dal volto del Patrono cui guardano gli occhi della folla.


   Purtroppo Gubbio e gli eugubini vengono privati presto di questa eccezionale ed originale personalità: sale per l'ultima volta alla Basilica di S.Ubaldo l'11 settembre 1992, per la "Festa della Traslazione", il giorno seguente muore improvvisamente.
   Dopo la sua scomparsa un gruppo di amici istituisce il "Comitato Giuseppe Calzuola" con lo scopo di far conoscere e valorizzare la sua opera.

    Riportiamo l'articolo di Pina Pizzichelli (Via Ch'eccoli 1993):
                
     UN UOMO DI ANTICA SAGGEZZA
     « La mattina che abbiamo portato giù i Ceri, che non è altro che l'essenza del Cero, abbiamo vissuto un fatto importante: i 3 Ceri insieme, perché i Ceri devono stare insieme, devono essere un continuo, perché gli spazi di 300 metri creano un vuoto che mette paura. Se questo non l'avvertiamo vuol dire che anche qui perdiamo l'equilibrio. Il Cero è il continuo, è il senso del bello, perché i tre sono uno, ed anche se "a me mi colori" corriamo solo per Uno ... Noi corriamo solo per S. Ubaldo, solo per Lui. Per Lui che vuol dire che corriamo per l'essenza della persona perché sul Cero c'è un'espressione di libertà, c'è un' espressione d'amore.
   Quando certe persone ci chiedono "chi vince" è perché il mondo è appiattito, e vuol premiare solo chi vince. Qui vince tutto un popolo. Vincono tutti e chi ha dato di più ha vinto di più.
   Vincere è arrivare al traguardo per dire a S. Ubaldo, a quel Padre: "Grazie per avermi dato tutta quella tigna", perché l'eugubino ha la "tigna", ma non è una "tigna" fatta male, è quella "tigna" che il mondo ci invidia. Chi può prendere un Cero? Solo l'eugubino lo può fare. Danno il D.O.C. a quel vino d'aceto, ma agli eugubini che nome gli vogliamo dare. Quali uomini possono appartenere ad una cultura di questo genere? Solo a vedere voi giovani mi viene la pelle d'oca, a vedervi sotto un Cero.
    E' una sensazione che ho fin da quando ero piccolo. Perché il giovane, e mi auguro che sia per lo più per tutti, incarna la stessa essenza del Cero e tutta la nostra storia. Perché dove si nasceva si voleva prendere il Cero? Perché quella è la radice dell'essere umano. Dove la pianta nasce vive, ed è per questo che il giovane sente di trasmettere valori che gli vengono dai propri antenati, dalla propria storia, e di essere l'anello indispensabile perché questo patrimonio immenso non finisca, ma continui. Siete voi giovani la continuazione, ma continuazione significa anche che dovete farla come volete voi, ma certamente sempre con la profonda convinzione che la tradizione vive anche dentro di voi e non va tradita. Oggi siete voi gli artefici della festa, ma dovete essere artefici con la A maiuscola, perché se ci hanno tramandato da tanti secoli questo qualcosa con tanta forza qualcosa all'interno di essa ci deve pur essere.
   E se voi capite che qualcosa non è più al posto giusto dovete fare dei piccoli sforzi perché ciò scompaia. Perché, e faccio un piccolo esempio, dire quelle grandi parolacce di questi ultimi tempi; vuol dire non avere più rispetto di chi ci ha creato né di chi ci ascolta, specialmente i più piccoli, e di noi stessi. Perché non dobbiamo dimenticare che oggi diamo tutto, diamo il massimo, e non possiamo da quel livello scendere a fare certe altre "cosettine".
   Guardate quanto siamo fortunati e questa fortuna non si deve perdere in sciocchezze che nulla aggiungono, ma anzi tolgono a quel massimo; o certi atti che non hanno senso ».
   Ed ancora: «l Ceri non sono un appiattimento totale ma sono un simbolo di libertà e di amore. Quale altro simbolo può avere questo valore? Nessuno. E noi dobbiamo difenderli».

   Lo avrete riconosciuto. E' Giuseppe Calzuola, l'umile ma grandissimo eugubino, artista e filosofo, che è scomparso da neanche un anno. Le parole che ho trascritto fanno parte di una lunga cassetta registrata 2 o 3 anni fa quando Peppe donò alla Famiglia dei Santubaldari una sua scultura, notevole non solo per la filosofia che l'aveva ispirata ma per l'arte che vi era profusa. Sarebbe stato impossibile trascrivere tutto il lungo appassionato monologo di Peppe; ma speriamo che questo ed altro possano costituire quella documentazione indispensabile al comitato, che da poco si è costituito ufficialmente perché le opere di Peppe Calzuola e la sua filosofia di uomo semplice ma vero, simbolo della nostra terra e quasi della nostra storia che egli ha istintivamente rivissuto attraverso la pietra, non si disperdano.
   Come non si disperdano quei consigli dati ai giovani ceraioli, continuatori di una storia millenaria che attraverso i Ceri si perpetua, perché sappiano capire la grandezza della missione che la storia ha loro consegnato, perché non giochino a fare i Ceri, perché essi sono troppo seri e grandi per essere giocati per un protagonismo che è in netto contrasto con la loro intima essenza, con la trivialità, anch'essa l'opposto di quella purezza che è ideale essa stessa, con la stupida arroganza di coloro che hanno capito tutto, solo perchè indossano una divisa o cantano "quel mazzolin dei fiori".
    Peppe ha insegnato l'umiltà, e nello stesso tempo l'orgoglio di appartenere a Gubbio. Per questo la conservazione delle sue sculture, e di tutto ciò che lo ha riguardato è un preciso dovere da parte di noi eugubini.
    Oggi troppo spesso persi dietro a cose inutili, a riti secondari, scambiati per l'essenza, dietro a discussioni sul sesso degli angeli quando è in gioco lo stesso spirito dei Ceri, che è lo stesso spirito della nostra civiltà. Peppe ha detto, alla sua maniera certamente non rifinita come quella di un professore ma genuina e come profetica, tutto questo.
    Sta proprio ai giovani, e a chi può essere ancora guida, capire questo messaggio e non disperderlo.

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